
L'ago melodico continua a cucire: è lo "strano rumore di piazza lontana" (2'15") fino a quando "resto qui a guardarti negli occhi, lo sai" con un cicaleggio petulante di note ravvicinate (2'47"). E via al primo solo; il sax si affaccia (3'12"): un'ariosa melodia tra rimembranze (mie) di altri soli sentiti in solchi di tanto tempo fa. Un po' ci sento lo Shorter di A Remark You Made, un po' il Dick Parry della floydiana Us and Them.
La coda di quasi due minuti (da 5'40") è una sintesi della lungimirante capacità improvvisativa di Barbieri che, a tratti, miscela tematismo easy listening a rigurigiti free ben oltre qualsiasi cadenza dissonante. Un momento magico e irripetibile in cui il jazz dà sostanza ad una gemma della canzone d'autore italiana. E ci si lascia cullare in una felicissima evanescenza: la band ed i cori, a poco a poco spariscono, l'ultima parola, o meglio, l'ultima nota è sua. Del sax di Gato Barbieri, ipnotico come un loop al sapor d'infinito.
(Riccardo Storti)
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