AREA – Progressivi di periferia. Altre “aree”.
Percorsi, tentativi paralleli e fiancheggiatori nell’Italia Prog degli anni Settanta:
Gli Area sono certamente un unicum nel panorama musicale italiano, pertanto cercare di scorgere “alter ego” può rivelarsi impresa difficile. Vale la pena, comunque, tentare di tracciare una rete di connessioni con esperienze musicali affini, partendo da quella diversificazione di approcci che hanno connotato la storia degli Area.

– Il jazz: verrebbe da dire, “c’è jazz e jazz” e il jazz rock italiano vede negli Area una delle espressioni più radicali e particolari. In questo senso (scartando l’infinito rimando di consonanze e dissonanze con gruppi storici quali Perigeo e Napoli Centrale), potrebbe essere interessante (proprio per affinità) rivedere la parabola di un gruppo torinese, i Dedalus. Se con il primo LP omonimo (1973), sembrano rifarsi alla fusion albionica, nel 1974 radicalizzano ulteriormente il proprio orientamento compositivo, rivolgendosi al settore della musica contemporanea con Materiale per tre esecutori e nastro magnetico. Ethnos mediterraneo, suggestioni sperimentali contemporanee e istanze jazzistiche free trovano il loro compimento nei difficili dischi della compagine milanese degli Aktuala (Aktuala 1973, La terra 1974 e Tappeto Volante 1976), la cui sensibilità non è molto lontana da quella dei Nadma (Uno zingaro di Atlante con un fiore a New York 1973). Prossimi per ispirazione anche gli I.P.Son Group.

In Cramps affinità jazzistiche possono essere scorte nella produzione degli Arti e Mestieri, la fiorentina Bella Band; elementi di continuità con gli Area sono evidenti anche nella produzione del Picchio dal Pozzo (pensiamo ad un brano come La città contenuto in Camere Zimmer Rooms), mentre l’attitudine per le virate free si perpetua in un gruppo romano di fine anni Settanta, i Cadmo, dove suonò (“e il caso non è inventato”) Massimo Urbani.

– Sperimentalismo ed elettronica: citare Franco Battiato? Troppo facile? Più che lui, in verità, alcuni fautori di simili sperimentazioni che hanno visto il siciliano in cabina di regia: ci riferiamo all’Albergo Intergalattico Spaziale e al Telaio Magnetico (in entrambi l’ex Giganti Mino Di Martino e la compagna Terra Di Benedetto; nel secondo l’ex Aktuala Capra Vaccina), oppure alla produzione solista di Roberto Cacciapaglia.

Sicuramente vicino alla mentalità degli Area, per attitudine sperimentale (benché i risultati musicali siano ben diversi), il fiorentino Franco Falsini e i suoi Sensation’s Fix.
Più vicini al repertorio contemporaneo gli Opus Avantra (che alternano volentieri momenti di cantabilità pop) e l’estensione coreografica di Katharsis.

– La politica: dirla tutta, sino in fondo, senza paura. Tale atteggiamento non è lontano, anche “geograficamente”, da quella rosa di nuovi cantautori che, proprio dalla seconda metà degli anni Settanta, si affaccerà sulla scena italiana, partendo dalle “officine” milanesi di suoni e di pensieri. Eugenio Finardi, Alberto Camerini, insomma il giro de Il Pacco, Enorme Maria, etc. fratelli minori di Rocchi e Stormy Six. A questi si aggiunga l’esperienza marginale e isolata di un genovese, di origine calabrese, Francesco Currà, il fresatore-poeta-musicista dell’Ansaldo, la cui Rapsodia Meccanica venne prodotta da Roberto Colombo. In questo disco (rarissimo) il tema della dialettica padrone/lavoratore viene trattata con strumenti di massima radicalizzazione (in termini sia testuali sia musicali).

– Esperienze etniche: più che esperienze parallele, addirittura connivenze e complicità finite su disco: ci riferiamo ai Carnascialia (coacervo di ingegni progressivi tra cui lo stesso Stratos, Pagani, Siliotto, Vivaldi, Giammarco, etc.) e al primo disco di Mauro Pagani dove in ben due brani suona la formazione di 1978. Sulla stessa lunghezza d’onda, va segnalato il Canzoniere del Lazio.
(Riccardo Storti – fine terza parte)