Pearl jam - No code (1996)

Postato in Let It Bleed

Scritto da: Alberto Calorosi

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PearlJam NoCodeLabel: Epic

Issued: 1996

 

 

 

 

 

 

L'intersezione di tre epifanie artistiche. Uno. La collaborazione con Neil Young dell'anno precedente: una Smile che pare sgocciolare da Mirror ball, nel sound ma soprattutto nel duello chitarristico che chiude il pezzo; la bellissima Off he goes, sorta di PJ's Unknown legend, dove l'autore però (anti)celebra sé stesso ("There he goes with his perfectly unkept clothes") e almeno anche la lullaby conclusiva Around the bend. Due. La desiderata riconquista della propria piccola/immensa umanità da parte di E-W, si teme a scapito di certo emozionante storytelling: l'entrata in scena, stavolta in punta di piedi, di Sometimes ("My small self / Like a book amongst the many on a shelf"), la vitale Who you are, la regressione di In my tree, il frigorifero sempre pieno di Matt Lukin, la già citata Off he goes, ma soprattutto l'uomo/bambino E-V sdraiato nel letto di I'm open. Tre; l'intento programmatico di sperimentare, in termini di scelte musicali (la lezione Thurston Moore in Habit e soprattutto Present tense, la Wim/Wenders/iana I'm open, ma dei riverberi di Who you are e In my tree si trova già traccia in Oceans et al.) e personali (la propulsiva sostituzione di Sparapallottole Abbruzzese col talentuoso Jack Irons; i vagiti compositivi di Gossard nella indie-pop ballad Mankind). E-V, ancora una volta imponente finalizzatore di canzoni, parla sempre più e sempre più apertamente di sé, del suo ritorno sulla Terra, della luce là in fondo e di ipotetiche ascese spirituali ("the road ahead ascends off into the light", Present tense), di una ritrovata serenità interiore. Senza accorgersi che il problema è proprio quello.

 

Sì però avrei fretta: Off he goes / Around the bend