Blackfield - Blackfield V (2017)

Postato in Let It Bleed

Scritto da: Alberto Calorosi

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blackfield vLabel: Kscope

Issued: 2017

 

 

 

 

 

 

Distensivi (il singolo Family man et molto al.) o corrucciati (How was your ride? et poco al.) poppettini idroponici monocultivar seminati da Tel Aviv Geffen, arati a nido di porcospino da Steven King Wilson e incellofanati da Alan Prostatite Parsons, che vanno a costituire l'impronta di dinosauro di questo album e, più in generale dell'intera seconda reincarnazione Blackfield (da Welcome to my DNA a questo Blackfield V compresi: la ampiamente annunciata e pubblicizzata rinascita della partenership non è altro che una mozzarella di bufala). Torpidi lentoni 100% Blackfield-iani (Sorrys, October et tantissimi al.), e qualche timidissima concessione progressive, cfr. l'ammorbidente in 7/8 erogato in We'll never be apart, oppure l'architettura traballante tardo(ne)-Yes di Life is an ocean, unica composizione firmata da entrambi gli spaventapasseri del Campo Nero. Ovunque, un registro narrativo (eccessivamente) patinato e trattenuto, nei testi (ascoltate il modo tristerello in cui A-G canticchia "my happiness" in October) e nei contenuti sonori (cfr. Lately, la canzone più tardo(ne)-Parsoniana dell'intero album) e, ahimè una diffusa, fragorosa mancanza di ispirazione.

 

Sì però avrei fretta: Lonely soul / How was your ride? / Undercover heart