Giancarlo Frigieri - Sant’Elena

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Scritto da: Vanoli

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Giancarlo Frigieri Sant ElenaNew Model Label, 2021

 

 

 

Il nome di Giancarlo Frigieri potrà dire poco in ambito mainstream ma al contrario è ben noto per chi invece la musica ama scovarla nel sottobosco underground, popolatissimo da artisti che, come lui, continuano a percorrere una strada personale, autentica e lontana da certi clamori e strombazzamenti.

Il cantautore sassolese è stimato e rispettato da sempre nell’ambiente alternativo, ma sarebbe il caso che qualcun altro si approcciasse alle sue canzoni e ai suoi dischi, sicuro che ci sarebbe da rimaner stupiti davanti a tanta maestria e qualità, distribuite senza mezzi termini nei numerosi lavori disseminati lungo una carriera che si dipana fiera e sicura da più di trent’anni a questa parte, se consideriamo le embrionali esperienze con band come Love Flower e i più celebri Julie’s Haircut (dove suonava la batteria nella primissima fase del gruppo).

Fu però a capo dei Joe Leaman che Frigieri iniziò a mettersi in luce, fungendovi da leader e factotum musicale, impegnato finalmente anche alla voce, oltre che come autore e compositore.

I riferimenti a certi songwriters d’Oltreoceano erano ben riconoscibili, ma allo stesso tempo era evidente anche il desiderio di veicolare qualcosa di indubbiamente più vicino al proprio mondo.

La scelta di esprimersi con la lingua del Belpaese ha contribuito mirabilmente a far emergere una scrittura suggestiva, ricca, dai risvolti narrativi e piegata alla bisogna su temi più prettamente esistenziali.

Nel suo vasto catalogo, dove non si contano gli incidenti di percorso e anzi abbondano i momenti di gran pregio (pensiamo ad album come “I sonnambuli” o “Troppo Tardi”), ha saputo maneggiare la materia, declinandola via via in una forma di canzone d’autore dagli echi folk e classicheggianti, con la chitarra sempre fedele compagna di viaggio e un’attenzione crescente alle parole.

 

Foto tratta dal sito di New Model Label, etichetta con cui è uscito anche l’album “Sant’Elena”

Frigieri infatti sembra proprio “vivere” le proprie canzoni, riesce a trasmetterci le emozioni che le hanno guidate fino alla loro pubblicazione e non si limita mai a banalizzare i concetti, seppur vi sia una chiave di lettura spesso comune fra i suoi lavori, o meglio, un humus culturale e sociale su cui intessere storie che attingono il più delle volte da una sfera privata o per lo meno vicina, con l’Emilia Romagna a farne da sfondo. Una Terra da sempre vivace, caleidoscopica, e capace di coltivare i suoi talenti, ispirandone l’apparato artistico.

“Sant’Elena”, pubblicato nella prima parte nel 2021, diventa specchio fedele del suo autore e, pur arrivando per ultimo, sembra adattissimo a segnare le coordinate di un intero percorso, discostandosi stilisticamente in maniera piuttosto netta dal precedente, altrettanto riuscito, “I ferri del mestiere”, votato a un solido cantautorato rock.

Sono infatti qui inserite sedici tracce che racchiudono tante tappe di una vicenda che si corrobora di uscita in uscita, e che delineano con sempre maggior chiarezza il suo valore, che si innalza laddove sente l’esigenza di descrivere i fatti della sfera quotidiana, la cosiddetta poetica delle piccole cose, che però stavolta viene spesso adoperata anche per episodi dal più ampio respiro.

Basta mettersi all’ascolto della magnifica title track, che si dispiega per oltre nove minuti di intenso lirismo: un brano che diventa emblematico biglietto da visita dell’intera opera, e ne delinea irrimediabilmente il mood, inchiodando all’ascolto.

In “Quattro chiacchiere” ci imbattiamo nel primo ritratto della raccolta, quello di una giovane donna dall’animo gentile: la dolcezza della composizione è resa bene dai suoni rassicuranti della chitarra acustica e dell’armonica, altro strumento principe del Nostro; diversa atmosfera si respira nella calligrafica “Un’altra settimana (Bruna)”, dai risvolti drammatici.

Vien da dire però che anche i momenti più cupi e ispidi non vengono mai enfatizzati, permettendo alla narrazione di mantenere una sua omogeneità e compattezza, sia che si raccontino storie di speranze e realistiche consapevolezze (in “41042”, il c.a.p. di Fiorano Modenese, paese del protagonista del brano, o in una “Franco destino” di gucciniana memoria), sia che in primo piano ci vada la terra d’elezione, quell’Emilia Romagna, come detto, cartolina vivente nella quale inserire di volta in volta virtù e contraddizioni (vedi “L’onesto spettatore” o “Paesi Bassi”).

Giancarlo Frigieri sembra essersi svuotato in questo disco, lasciandoci in dote alcuni dei gioielli più splendenti della sua collezione (come “Lontano”, “La curva del risentimento”, degna del miglior Claudio Lolli, o una “Manzoni”, che col suo lieve candore arriva finanche a commuovere), e per una volta vorrei evitare anch’io di cadere nei paragoni, per quanto mi sia venuto spontaneo farlo anche in quest’articolo.

Più che altro, quelli che assurgono a modelli di riferimento, su tutti Bob Dylan, hanno certamente contribuito a tracciare un confine nel suo percorso, assecondandone l’indole di cantautore, ma poi Frigieri si è costruito mattone su mattone un repertorio solido e credibile, mostrando uno stile che lo distingue nel panorama tricolore odierno, essendo tutto suo, peculiare ed estremamente affascinante.