Populous - Stasi
La Tempesta, 2021
Il nome di cui andrò a trattare per la nuova puntata della rubrica dedicata alla musica alternativa italiana, è di certo tra i più noti, essendo il leccese Andrea Mangia, in arte Populous, apprezzatissimo da tempo come producer e deejay ma non solo.
E’, insomma, nome di punta per quanto riguarda la musica elettronica, che mette al servizio anche di progetti particolari, tra colonne sonore e sfilate di moda, esplorando diversi universi sonori.
Negli anni lo abbiamo visto all’opera con album dedicati alla musica cosiddetta folktronica, filtrare col mondo dell’hip hop, scandagliare la galassia world, fino a immergersi nei ritmi cumbia di un lavoro ambizioso e riuscitissimo come “Azulejos”, ispirato da un felice soggiorno portoghese.
In forza alla “Tempesta Dischi”, tra le realtà discografiche indipendenti più illuminate e “coraggiose”, Populous non si preclude nessuna opzione concettuale e continua a meravigliare con la sua ampia gamma di scelte stilistiche.
Nella fattispecie la mia attenzione si vuole oggi focalizzare su uno dei titoli più particolari del suo catalogo, vale a dire il recente “Stasi”, pubblicato un anno fa e che fu realizzato e ideato proprio nei periodi in cui il covid sembrava farla da padrone, condizionando pesantemente le nostre vite.
Giocoforza anche un artista sensibile come lui non ha potuto fare a meno di esprimere con la sua proposta originale certe sensazioni e il risultato è infatti un album assolutamente sorprendente, dove vengono sviluppate in modo compiuto, mediante otto episodi assai evocativi, certe inclinazioni che già occasionalmente si erano palesate, con tracce dai sapori ambient, dalle atmosfere insospettabilmente distese, rilassate, tali da indurci alla riflessione su questi tempi bui e in fondo anche un po’ su noi stessi, sui nostri significati.
Non siamo in fondo troppo distanti dalle mirabili esperienze di un gruppo come i Boards of Canada, ma quella di Populous appare in ogni caso un’opera assolutamente genuina e personale, oltre che sentita dal profondo.
Il titolo stesso già suggerisce che stavolta almeno le intenzioni non sono quelle di farci ballare, e l’atmosfera che permea un brano come l’iniziale “Orizzonti bagnati dell’Adriatico” richiama da lontano certi esperimenti sonori del primo Battiato, consegnandoci una inedita cartolina dal Salento.
Anche l’illustrazione (splendida) di copertina ad opera di Alessandro Cripsta delinea al meglio ciò che andremo ad ascoltare nel disco, immergendovisi appieno per coglierne ogni sfumatura e dettaglio sonoro.
Non cambia l’afflato musicale nella successiva “Pietre roventi” che, con i suoi beat rallentati e la parvenza onirica, ancora concilia un senso di appagamento, quasi meditativo, in cui perdersi in uno spazio sconfinato.
“Luna liquida” vive di contrasti e insinua qualche parvenza di ritmo a scuoterci da un rassicurante torpore, mentre con “L’architettura del mare” ritornano onde ipnotiche ad accompagnare il nostro ascolto, che sembra quasi condurci in un viaggio contemplativo, dai toni spirituali.
I titoli stessi suggeriscono le tappe variegate che toccheremo, dalla placida “Sentiero luminoso” all’ariosa e paradigmatica “Vita lenta”, che pare consigliare quello che deve essere il nuovo mood con cui dover fare i conti, anche per rimettere in ordine priorità e bisogni reali.
Prima di arrivare al gran finale, caratterizzato dalla lunga suite eponima, in grado di sublimare al meglio tutte le istanze di questo progetto, ci imbattiamo nelle cangianti divagazioni di “Meditazione urbana” che si discosta dall’impianto generale, ricordando come l’autore sappia sempre spiazzare e riaccendere l’attenzione anche nel contesto di un disco assai omogeneo e compatto, pur nella sua natura eterea e immateriale.
Non so se quello di Populous con questo album sia il frutto di un tentativo estemporaneo, rimane il fatto che lo reputo, dal mio punto di vista, uno dei suoi migliori in assoluto per la sua capacità di stupire senza effetti speciali, donando emozioni vere, autentiche, e lasciando all’ascoltatore ogni possibilità interpretativa.