Ossi - Ossi

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Scritto da: Vanoli

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OssiSnowdonia, 2022

 

 

 

Nel presentare i prossimi protagonisti di questa rubrica tutta dedicata alla musica alternativa italiana, parto da due fattori che già mi avevano ben disposto all’ascolto: l’esperienza della Deadburger Factory da una parte, e il fatto poi che dietro a questo nuovo progetto ci sia la Snowdonia Dischi.

Gli Ossi, questo il curioso nome del nuovo ensemble toscano, nascono infatti da una costola dei Deadburger, e pur non assecondandone in toto gli stessi istinti sperimentali, ne sono un’emanazione diretta, perché i veri factotum di questa inedita formazione sono gli stessi Vittorio Nistri e Simone Tilli, che nella nuova veste vertono il sound in territori più specifici, vale a dire declinando il rock nei suoi aspetti più garage e psichedelici.

L’illuminata etichetta facente capo a Cinzia La Fauci e Alberto Scotti è sinonimo di vera (e fiera) indipendenza, di “coraggio” nelle scelte artistiche e garantisce quella sana follia, quella irresistibile scintilla creativa che sembra pervadere un po’ ogni loro uscita discografica, a partire dai Maisie – di cui entrambi fanno parte – per espandersi in tutti quei dischi su cui hanno apposto il loro marchio.

Lo sposalizio con Nistri e Tilli doveva necessariamente continuare in maniera felice anche in vista di questo recente lavoro, per affinità di intenti e di spirito, per quel sarcasmo, a volte crudo, altre più sottile, con cui vanno a tratteggiare la società, fino a farsene beffa come antichi giullari, e per quel senso di libertà che permette di esprimere tanti concetti mediante una propria personale visione, esulando al contempo da contesti noti e riconoscibili e confini troppo circoscritti.

L’apparato musicale del disco, pur associandosi facilmente a livello stilistico a un determinato filone, presente al suo interno tante variazioni sul tema, perciò non dobbiamo soffermarci all’ambito strettamente definibile come garage o psych, poiché a contraddistinguere questo brillante lavoro eponimo c’è in primis la commistione di sonorità generalmente rock con un uso sapiente dell’elettronica, e un’attitudine che potremmo definire senza timore di smentita come punk, davvero “alternativa”.

Lo stesso (magnifico a dir poco) impianto grafico – appannaggio di Gabriele Manconi – corrobora questa tesi, rifacendosi all’immaginario della mitica rivista Frigidaire, con le prestigiose firme che compaiono sia nella cover (lo scheletrino è ad opera del compianto Andrea Pazienza) che all’interno del packaging (con le raffigurazioni e il fumetto nel booklet, oltre al logo, che sono del suo allievo Ugo Delucchi). Vale la pena citare anche l’illustratore Lido Contemori che si è occupato dei colori, gli sfondi e della vertigo spiral in copertina.

E allora, tenendo conto dell’importanza dell’impatto visivo in questo lavoro, non sbagliamo di certo se approcciandosi a un’opera simile tiriamo in ballo la sigla art-rock.

C’è alla base uno stretto legame con quello spirito fumettistico, underground, attualizzato giocoforza ai giorni nostri, capaci nostro malgrado di donare tanta ispirazione alle menti di Nistri (autore di tutti i brani e impegnato anche alla produzione insieme alla Snowdonia Records) e Tilli il quale prestandovi la sua eclettica voce riesce a trasmetterci tutta la gamma delle surreali/tragicomiche/drammatiche situazioni evocate.

Collaborano attivamente in studio dei musicisti di gran calibro, dalle analoghe peculiarità, come Andrea Appino (leader degli Zen Circus, a rinverdire in alcune tracce l’atmosfera indie- folk delle origini) e Dome La Muerte dei Not Moving alle chitarre, e l’istrionico Bruno Dorella degli OvO e Bachi da Pietra alla batteria, mentre il basso, che compare in tre canzoni, è suonato da Carlo Sciannameo, compagno di viaggio nei Deadburger. Ma diversi altri nomi intervengono a concorrere alla buona riuscita del disco, come ad esempio Roberto Pieralli della Mojo Blues Band che con la sua preziosa armonica regala ulteriori schizzi alla tavolozza di colori degli Ossi.

Tutta la parte elettronica è affidata come detto a Vittorio Nistri (sintetizzatori, loops, samples, rumori, ma anche l’organo) e il binomio con il sodale Simone Tilli (che oltre alle voci è l’artefice di beatbox, loopstation e percussioni) è al solito perfetto in fase di composizione con assemblaggio di suoni, voci, mix in un taglia e cuci sorprendente ad enfatizzare l’effetto straniamento.

https://snowdonia.bandcamp.com/album/ossi-album-su-lp

Un esempio mirabile di tale tipologia di lavoro è l’opening track “Ventriloquist Rock” dove vengono messe insieme, in un miscuglio grottesco, voci e urla reali di alcuni dei nostri politici più in vista, ma anche di Giulio Gallera, che in quel determinato periodo che ha coinciso con le registrazioni di questo disco avevamo imparato a conoscere bene come assessore della sanità lombarda.

L’intento è in fondo quello di creare una sorta di parallelismo con epopee psichedeliche ma attingendo alla cruda realtà di fatti di cronaca nostrani più o meno vicini nel tempo, quasi a sottolineare come non vi sia più bisogno di immaginare situazioni ai limiti del vero, trasfigurandoli o amplificandone l’eco, tanto ci pensano loro da sole a ricordarci fin dove l’essere umano può spingersi in basso.

I quadretti che gli Ossi dipingono sono quindi tutti somiglianti a delle polaroid appena sbiadite, non perché abbiano perso di importanza di significati (negativi) ma perché in questi tempi bui con disinvoltura si passa presto ad altro: ormai quelle che spesso consideriamo nei tg come fatti beceri e disdicevoli vengono superati da altri ancora peggiori e finisce che quasi non ci stupiamo più di niente.

 
 

Dalle promesse di prestazioni sessuali in cambio di schede telefoniche in “Ricariche” alle discrepanze di “Miss Tendopoli”; dalle squallide ingerenze di “O’ Pisciaturu” alla disarmante laconicità di “Naturalmente non possiamo pagarti”, fino alla deriva ecclesiastica rappresentata da “Monk Time” (dove fanno brutta mostra di se’ le parole campionate di Don Piero su musica tratta dall’omonimo brano dei Monks), vengono in tal modo sviscerate le tematiche più svariate, ma non vanno trascurati quegli episodi ancora più bizzarri quali “Per sollevare il morale del capo”, dai toni demenziali; l’irriverente “Toy Boy”; la sarcastica “Hasta la sconfitta siempre“; per non dire della contorta suite “Out Demons Out” – programmatica dei giorni di pandemia – e una “Lei è grunge, lui urban cowboy” divertente e stralunata.

C’è spazio però, all’interno di questo multiforme patchwork di volti e storie, anche per la dolcezza, delineata dalla carezzevole ballata finale “Navarre”, fatto reale di cronaca con protagonista una ragazza che riuscì a salvare un lupo tramite la respirazione bocca a bocca.

E allora un disco come questo è utile anche come gioco della memoria, perché privilegiando la chiave ironica e tagliente rispetto a quella venata di rabbia e frustrazione, gli Ossi ci mostrano una società dalla quale prendere necessariamente le distanze ma che ormai sembra appartenerci, incapaci come siamo di una seria ribellione.

E’ un voler risvegliare le coscienze, quelle “buone”, in un calderone concettuale che riesce nelle proprie intenzioni anche grazie a un afflato musicale adattissimo a svelarne ogni istanza.

 
 

Quello che creano Nistri e Tilli, pur ispirati secondo le loro stesse parole da artisti come King Gizzard & The Lizard Wizard, Julian Cope, Ty Segall, senza scordare il vate Frank Zappa, è qualcosa di assolutamente autentico e personale, unico direi nel panorama italiano, perché in un tripudio di sonorità differenti, digitali e naturali, mescola alto e basso, serio e faceto, brutto e bello bilanciandone egregiamente i rispettivi poli attrattivi, esemplificando in conclusione magari inconsapevolmente (ma anche no) quella che è la dualità insita nell’animo umano.

E’ semplicemente, verrebbe da dire dopo tanta teoria, un album piacevole da ascoltare, suonato ottimamente e prodotto in maniera certosina, nonostante un’attitudine lo-fi.

Con una precisa idea musicale, quella cioè di unire passato e presente, mischiando i suoni canonici del garage e della psichedelia (dalle chitarre fuzz all’organo farfisa) all’elettronica contemporanea fatta di loops, pulsazioni e campionamenti, facendo così confluire in modo assolutamente spontaneo gli anni ’70 nel nuovo millennio, fino ad arrivare in data odierna.

E da quello che si evince non è detto che quello degli Ossi sia un progetto estemporaneo, perché la macchina live è pronta a partire con l’ingresso in pianta stabile del batterista Silvio Brambilla e del chitarrista David John Noto.

Posso solo immaginare quanta forza evocativa potranno assumere sul palco canzoni di tale portata, che già contengono in sé una potenza comunicativa da non lasciare proprio indifferenti.