ALI’ - La rivoluzione del monolocale

VOTO: 75
Mai il titolo di un disco mi è sembrato più pertinente. Chi è Alì?
Alì è ognuno di noi nel nostro tram tram quotiano, con la nostra voglia di spaccare il mondo, di cambiare le cose, di fare, di decidere e poi ritrattare le decisioni. Tutto nella nostra stanza, sul nostro divano dell’Ikea, con il nostro lavoro che giorno dopo giorno ci logora (o nel caso peggiore con i nostri continui ed inutili colloqui per cercare di arraffarne uno). Alì rappresenta tutte le nostre storie di amicizia e di amore trascinate di stanza in stanza. Parla delle nostre rivoluzioni sempre pensate e mai realizzate.
Alì è un tipo scazzato, che canta in modo scazzato ma che parla di cose profonde in modo semplice e con un’intelligenza compositiva non indifferente.
“Armata fino ai denti” è un dolcissimo pezzo che affronta le cose di tutti i giorni e introduce un disco che ascolto dopo ascolto ho imparato ad amare. Bellissima anche la seconda traccia: il Blues di “Per la Gioia di Woodoo” è un pezzo con diverse citazioni, e come dice Alì alla fine “si rischia davvero di esser felici”.
L’epopea sentimentale, vera o presunta che sia, comincia con “Nostre Bocche Incollate”, storia d’amore che non può uscire dal monolocale: c’è il rischio di doversi confrontare con il mondo. L’amore finisce però “Maggio” dove anche il vento non riesce a portare via il ricordo di lei. La ballata triste di “Cash” chiude il trittico aggiungendo al sentimento anche il problema di arrivare a fine mese tra sogni&soldi: “è giunto il sabato e ci si veste a cazzo”. Dopo “Continuare a vendere oro” arriva “New York” un pezzo sul precariato con un ritornello micidiale che ti rimane in testa fino a quando non ti trovi un lavoro serio. “Il Miglior Sorriso sulla mia Faccia” fa calare un po’ l’attenzione pur distinguendosi per un organetto “alla PFM”. Arriva “Roulette” che chiude i pezzi originali di Alì dato che “Racconti di Viaggi”, ultima traccia del disco, è una riuscitissima cover di Paolo Conte.
La Rivoluzione del Monolocale non è un disco di denuncia politica, non è un disco complicato, non vuole cambiare il mondo, ne racconta solo l’intenzione diventando uno splendido esempio di cantautorato indipendente/intelligente degli anni ’10.
Alì è ognuno di noi nel nostro tram tram quotiano, con la nostra voglia di spaccare il mondo, di cambiare le cose, di fare, di decidere e poi ritrattare le decisioni. Tutto nella nostra stanza, sul nostro divano dell’Ikea, con il nostro lavoro che giorno dopo giorno ci logora (o nel caso peggiore con i nostri continui ed inutili colloqui per cercare di arraffarne uno). Alì rappresenta tutte le nostre storie di amicizia e di amore trascinate di stanza in stanza. Parla delle nostre rivoluzioni sempre pensate e mai realizzate.
Alì è un tipo scazzato, che canta in modo scazzato ma che parla di cose profonde in modo semplice e con un’intelligenza compositiva non indifferente.
“Armata fino ai denti” è un dolcissimo pezzo che affronta le cose di tutti i giorni e introduce un disco che ascolto dopo ascolto ho imparato ad amare. Bellissima anche la seconda traccia: il Blues di “Per la Gioia di Woodoo” è un pezzo con diverse citazioni, e come dice Alì alla fine “si rischia davvero di esser felici”.
L’epopea sentimentale, vera o presunta che sia, comincia con “Nostre Bocche Incollate”, storia d’amore che non può uscire dal monolocale: c’è il rischio di doversi confrontare con il mondo. L’amore finisce però “Maggio” dove anche il vento non riesce a portare via il ricordo di lei. La ballata triste di “Cash” chiude il trittico aggiungendo al sentimento anche il problema di arrivare a fine mese tra sogni&soldi: “è giunto il sabato e ci si veste a cazzo”. Dopo “Continuare a vendere oro” arriva “New York” un pezzo sul precariato con un ritornello micidiale che ti rimane in testa fino a quando non ti trovi un lavoro serio. “Il Miglior Sorriso sulla mia Faccia” fa calare un po’ l’attenzione pur distinguendosi per un organetto “alla PFM”. Arriva “Roulette” che chiude i pezzi originali di Alì dato che “Racconti di Viaggi”, ultima traccia del disco, è una riuscitissima cover di Paolo Conte.
La Rivoluzione del Monolocale non è un disco di denuncia politica, non è un disco complicato, non vuole cambiare il mondo, ne racconta solo l’intenzione diventando uno splendido esempio di cantautorato indipendente/intelligente degli anni ’10.
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