The Clash - London Calling
Epic, 1979
I gruppi rock inglesi degli anni 70 vengono spesso definiti come "generalmente punk", Clash compresi. Ma lo sono davvero? A nostro parere lo si può vedere confrontandoli un'altra grande band del momento considerata punk, cioè i Sex Pistols. Questi ultimi avevano un atteggiamento anarchico-violento-nichilista nei confronti della società e della cultura mainstream che imponeva il rifiuto pressoché categorico di ogni cosa, compreso imparare a suonare. In più il punk andrebbe usato per indicare, più che un genere musicale, la cultura anticonformista che abbracciava quell'atteggiamento. Anticonformisti i Clash lo erano senz'altro, ma erano anche politicamente orientati verso il socialismo e si scagliavano perciò contro un determinato tipo di società nonchè contro la violenza come strumento di lotta. Che dire poi del loro album capolavoro, London Calling? Sono forse punk pezzi come Lost in the Supermarket o The Guns of Brixton? Si tratta invece di brani elaborati che rispecchiano non solo il talento, l'abilità, ma anche la vasta cultura musicale del gruppo. E che produzione dietro! Facciamo un passo indietro. Dopo la rottura con il loro produttore Bernie Rhodes, i Clash si ritrovano senza studio; decidono così di andare ai Vanilla Studios, vicino ad un garage. Obiettivo: sperimentazione con i suoni. Si suona di tutto, dal R&B al country e i ragazzi si scambiano persino gli strumenti tra loro. A questo punto entra in scena l'eccentrico produttore Guy Stevens, che li porta ai Wessex Studios. Il suo metodo? Lanci di sedie, urla e rumori vari per rendere "elettrica" l'atmosfera e affidarsi poi al fonico di fiducia Bill Price. Nelle incisioni i nostri suonano tutti insieme come se suonassero dal vivo per mantenere la carica. Di queste "basi" vengono tenute le tracce di batterie e chitarra ritmica; poi vengono registrati di nuovo basso e chitarra solista; infine vengono aggiunti pianoforte, fiati e strumenti vari. Il risultato è un doppio album con 19 brani, venduto al prezzo di uno per volere della band e che riflette i loro gusti 4 influenze, dallo ska e dal jazz al rockabilly e al blues. È qualcosa di veramente armonico, carico di protesta ma senza violenza ed esagerazioni. Un sound facilmente riproducibile dal vivo e allo stesso tempo reso perfetto dalle sovraincisioni (che di solito avvenivano nel bagno mentre venivano percosse le tubature). La copertina è infine la ciliegina sulla torta: la foto di Paul Simonon che distrugge il suo basso (atto dovuto allo stress durante un tour a New York) si accompagna ad una grafica praticamente identica a quella del primo album di Elvis. Omaggio? Presa per i fondelli delle fonti di ispirazione? Oppure porsi come loro eredi? Giudicate voi. Da non perdere l'edizione per il 25° "compleanno" del disco, contenente la versione originale rimasterizzata e The Vanilla Tapes, ovvero le prime registrazioni ai Vanilla Studios, più un DVD con un documentario sulla sua realizzazione, The Last Testament, filmati rari delle registrazioni ai Wessex Studios e tre promo-video (London Calling, Train in Vain e Clampdown).