Marion - Alive in Manchester
Marion Recordings, 2012
GENERE: indie-rock.
PROTAGONISTI: la formazione è praticamente quella originale, con Jaime, Phil, Tony, Julian (e non Nick Gilbert al basso) e alla batteria Jack Mitchell (ex Haven), al posto di Murad Mousa, che ormai già dal 2006 è sempre stato presente nei vari tentativi di far ripartire il gruppo. Non presente sul palco, ma figura decisamente importante in questo ritorno è Bruce McKenzie, che cura il management del gruppo.
SEGNI PARTICOLARI: album dal vivo registrato il 17 dicembre 2011 al Manchester Club Academy e prima uscita ufficiale dei 'nuovi' Marion che finalmente riabbracciano Tony e Julian (che si è occupato anche del mixaggio del disco), non presenti nella prima reunion datata 2006. Il concerto è presente nella sua interezza, addirittura non viene neanche tagliato lo spazio in cui il gruppo lascia il palco e ritorna per il bis, mantenendo quindi solamente il rumore del pubblico.
INGREDIENTI: parlare di un disco dal vivo dei Marion nel 2012 non riguarda solo la musica. Va a toccare anche un livello umano, in particolare quello di Jaime Harding e della battaglia contro i suoi incubi e le sue dipendenze. Avere fra le mani questo lavoro significa che la guerra è finita, che il passato terribile si è chiuso e inizia un nuovo percorso, una nuova vita direi. Questa forse è la più bella notizia: così come era stato straziante vedere una delle più belle voci inglesi degli anni '90 buttarsi via in questo modo, adesso è veramente una gioia sapere che lui sta bene e che il gruppo è pronto a rimettersi in gioco. Una traduzione della parola 'alive' è proprio “pieno di vita”, direi che non ci potrebbe essere significato migliore in questo caso e queste 14 tracce lo stanno a dimostrare.
DENSITÀ DI QUALITÀ: potevano non aprire le danze con ‘Fallen Through’? Ovviamente no e l’attacco è di quelli che mettono le carte in tavola belle chiare: potenza, suono compatto, voce di Jaime precisa e limpida (e lo sarà in tutto il concerto, con acuti e timbriche molto buone) e un Jack Mitchell che fa il suo onesto lavoro di buon picchiatore alle pelli. La premiata ditta chitarristica Phil & Tony viaggia che è un piacere e l’alchimia pare non essere mai svanita, fino ad arrivare al loro apice nella nuova ‘The Biggest Painkiller Of All’, che nel finale è tutto un rincorrersi di assoli e ritmica distorta. Se il live dev’essere la fotografia del momento, lo specchio sul quale riflettere lo stato di salute del gruppo, beh, direi quindi che i Marion stanno piuttosto bene, e visto che non si vive solo di passato ma per fortuna c’è anche il presente e perché no, il futuro, tra le canzoni più conosciute c’è spazio anche per alcuni inediti che lasciano ben sperare, come la già citata ‘Biggest Painkiller’. In particolare piacciono ‘Hurricane’ e ‘Oh Lord’, dirette, brevi e taglienti, che rimandano al sound oscuro ed emozionale del primo disco, con quell’approccio chitarristico che fa molto primissimi U2. Esce dai canoni del gruppo ‘I Won’t Pretend’ (non chiedetemi perché ma ogni volta che la sento mi viene in mente un Chris Isaak con gli steroidi), che sarebbe piaciuta forse al Martin Rossiter della fase in cui chiedeva ai Gene di tirare fuori i muscoli, e mi pare di poco spessore invece ‘The Vines’, che non emerge particolarmente in melodia e si candida al ruolo di B-side, nulla più. Poi, ovviamente, ecco le canzoni del primo disco che riportano la nostra memoria al 1996, anno della pubblicazione appunto di ‘This World and Body’. Bella la scaletta e ottima l’esecuzione di brani immortali che non perdono nulla in grinta e trasporto (forse solo ‘Time’ viene cantata da Jaime un po’ sopra le righe), anche se (per ragioni sentimentali, lo ammetto) l’esclusione di ‘The Collector’ (storica B-side del gruppo) grida vendetta. Stupisce, ma forse non più di tanto, viste le traversie che lo accompagnarono, la presenza nella setlist di un brano solo da ‘The Program’, ovvero ‘Sparkle’: troppi brutti ricordi per il gruppo o una qualità ritenuta non all’altezza, sta di fatto che il secondo album viene, di fatto, quasi totalmente eliminato. Se tutto fila via bene, registro comunque un paio di vette positive con la doppietta finale ad alto tasso chitarristico composta da ‘The Late Gate Show’ e ‘Sleep’, e l’esecuzione quasi furiosa di ‘The Only Way’.
VELOCITÀ: medio alta che richiede un volume alla stessa altezza!
IL TESTO: “Is there time to change your mind?” da ‘Time’.
LA DICHIARAZIONE: Jaime, nell’intervista rilasciata a 'Indie-Rock.it', nel novembre del 2011: “Se i Marion sono ancora insieme è solo per la musica, te lo posso garantire!”
IL SITO: 'Marionuk.co.uk'.
Recensione pubblicata anche su indie-rock.it