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Scritto da: D.D.

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Gia, Cor.S. 2006

E' la storia di una coppia di giovani nella quale la ragazza ricorre ad una plastica facciale abbastanza estrema per non perdere il proprio fidanzato. Tredicesimo film del buonissimo cineasta coreano Kim Ki-Duk dove dimostra, ancora una volta, la sua bravura, la sua delicatezza e il suo talento nel fare cinema d'autore.

Film che gioca molto sui simboli e su luoghi che ricorrono continuamente e che però in ogni sequenza assumono valenze differenti. Decisamente spiazzante soprattutto nel finale dove "il cerchio si chiude": infatti il film risulta circolare, dove le strade dei due protagonisti si inseguono per tutta la durata della pellicola "prendendosi" solo in poche circostanze. A volte il regista eccede con elementi surreali (ne è un chiaro esempio il finale di Ferro 3) come nella prima parte di questo bel film, mentre la seconda parte è più azzeccata e realistica, infatti riesce a scuotere lo spettatore e lo spiazza grazie ad un finale azzeccato. Il film è l'espressione della poetica del regista che rimane ancora uno dei pochi cineasti con idee, che merita la visione sul grande schermo a scatola chiusa: per usare uno spot televisivo "un nome, una garanzia".

Garanzia nel senso di bellezza, infatti anche se un suo film può non piacere (in questo caso piace) lo spettatore non potrà mai uscire deluso dalla sala perchè cinematograficamente il risultato sarà riuscito. Ad esempio la fotografia è mirabile (anche se non arriva al puro capolavoro come in Primavera, estate, autunno, inverno e ancora primavera) basti vedere la scena della protagonista che esce in lacrime dal centro estetico con la maschera sul viso per la strada. In proposito alla donna non riconosciuta dal fidanzato dopo la plastica facciale, il regista asserisce che: "Forse la donna non ha cambiato carattere, ma è entrata in una nuova esperienza. Una cosa evidente sembra impossibile. Per esempio, per noi asiatici, gli europei hanno tutti la stessa faccia".