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Scritto da: D.D.

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Ita 1971

Un emigrante torna in Italia dalla Svezia dopo 7 anni per una settimana di ferie e viene carcerato alla frontiera. Da qui inizierà il suo lungo iter nelle carceri italiane. La sceneggiatura è opera di Sanna e Amidei (già sceneggiatore di Roma città aperta), il soggetto è di Sonego e la regia è di Nanni Loy.

L'incipit è positivo, ben augurante e lo testimonia anche l'allegro motivetto che fa da sottofondo; ma sarà solo il preludio all'arresto del protagonista. Sordi, il protagonista, è catapultato in una situazione kafkiana dove la burocrazia sembra un castello inespugnabile, una matassa inestricabile. Il regista ci mostra come è facile "distruggere" un uomo e, nello stesso tempo, fa vedere con momenti di bella umanità la debolezza di un cittadino di fronte alla burocrazia e al potere dello "stato padrone". E' uno spaccato molto crudo ed inquietante sullo stato delle carceri e della giustizia in Italia. Film di denuncia di una situazione tipica italiana decisamente inaccettabile e deprecabile quale è la corsa nel raccomandare l'avvocato amico al detenuto. Pellicola dai connotati amari e fortemente polemici nei confronti di un mondo sbagliato, da rifondare. Di fronte a cotante ingiustizie, soprusi e angherie Loy indica un'unica soluzione e via d'uscita: la fuga...

Battute molte divertenti espresse molto bene da quella maschera dell.Albertone nazionale, che qui è molto bravo in una parte molto più drammatica del consueto. Poco credibile, invece, Lino Banfi nella parte del direttore del carcere a causa di un'interpretazione che ricorda troppo il "tenente Lo Gatto" in Fracchia la Belva Umana. Divertentissima, oltre che fine, la sequenza nella quale il brigadiere si incazza nel ricevere il detenuto perchè "quegli stronzi di Macerata non hanno giocato il jolly" guardando alla televisione "Giochi senza frontiere".

Film che meriterebbe più riconoscimenti, come del resto l'esigua cinematografia del regista.