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I recuperanti

Scritto da: D.D.

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Ita 1970

Il giovane Carli torna dalla guerra per mettere su casa con la fidanzata, ma non trovando un lavoro “normale” è costretto a mettersi in società con Du e fare il pericoloso mestiere del recuperante.

Pellicola interessante oltre che per la regia di Ermanno Olmi per la sceneggiatura a cura, oltre del regista stesso, del grande scrittore, amico e vicino di casa del cineasta, Mario Rigoni Stern e del drammaturgo, critico cinematografico e scrittore Tullio Kezich.

Il recuperante è stato un vecchio mestiere che consisteva nel girare per le montagne che hanno fatto da palcoscenico alla Grande Guerra e cercare bombe o affini da rivendere una volta disinnescate e smembrate. Nel film viene descritta con viva passione la dura quotidianità nelle montagne dopo il 1945 fra reduci che combattono con la mancanza di lavoro, e la voglia di emigrare in continenti sconosciuti. Per guadagnarsi da vivere il giovane protagonista è costretto a inventarsi un mestiere da “disperato” perché è lui stesso un “disperato”. Il regista ci racconta un’umanità ormai perduta, oltre ad essere un chiaro omaggio all’altipiano di Asiago dove Olmi e Rigoni hanno costruito casa.

Più che un film sembra di assistere quasi ad uno di quei vecchi documentari/sceneggiati degli anni 60/70. Ci viene mostrato, senza manierismi inutili e forzati, un modello di vita che il progresso ha spazzato via e nell’ultima sequenza Olmi lo spiega chiaramente. Discreto film che purtroppo si può considerare datato visto i temi trattati e l’immobilità delle azioni e dei fatti che cozzano con la frenesia della maggior parte delle pellicole contemporanee. Apprezzabile la fotografia che ci mostra dei bei scorci di montagna veneta. Decisamente ben costruito il personaggio del vecchio recuperante Du su cui si è incentrato il film. Pellicola narrata linearmente, in modo trasparente e immediato, con la consueta maestria del cineasta. Film difficile da recuperare ma non impossibile e una volta trovato la visione vale certamente la pena.