Recensioni

A Serious Man

Scritto da: dalse

Questo utente ha pubblicato 153 articoli.

Regia di Joel e Ethan Coen.

Con Michael Stuhlbarg, Richard Kind, Fred Melamed, Sari Lennick, Adam Arkin, Aaron Wolff, Jessica McManus, Brent Braunschweig, David Kang, Benjy Portnoe, Jack Swiler, Andrew S. Lentz, Jon Kaminski Jr, Ari Hoptman, George Wyner, Fyvush Finkel, Katherine Borowitz, Steve Park, Amy Landecker, Allen Lewis Rickman, Raye Birk, Peter Breitmayer, Stephen Park, Simon Helberg, Alan Mandell. 2009

 

Ultimamente vado raramente al cinema, 30 km per appoggiare il culo su poltrone che immancabilmente dopo un'oretta mi provocano supplizi deretanici, per sopportare in silenzio (onde evitare imbarazzi di chi mi accompagna) il sempre presente muflone che avidamente divora untuosi e puzzolenti chicchi di mais riscaldati, per esporre le mie scarpe nuove alle infangate suole di cronici ritardatari che nel buio brancolano tastando seggiolini ed eventuali occupanti, per trattenermi dall'azzannare il critico che elargisce interpretazioni di ogni scena al vicino addormentato (quasi ci fosse tutto da capire in ogni film), non valgono certo il piacere di un divano sgangherato con le mie vecchie videocassette o con qualche film giratomi da un amico, calzini colorati ed alla bisogna copertina e biscotti al cocco.
Chiaramente esistono le eccezioni, e si tratta sempre di quei prodotti che comunque vanno premiati al botteghino a scatola chiusa.
I fratelli Coen rappresentano una di quelle eccezioni, e meritano il mio sbattimento nella piovosa serata che vede il primo giorno di programmazione nelle sale italiane del loro ultimo film.
Mio e di una quarantina di altri spettatori, i quali, casualmente sparsi nella grande sala vuota, non riusciranno con il loro calore corporeo a tamponare in un virtuoso scambio termico lo spegnimento dei riscaldamenti a metà proiezione.
Tralascio la trama, la pellicola è da vedere.
Solitamente non brillo per acume, e non capisco mai un cazzo ad una prima visione: confermo una delle poche certezze che ho di me stesso, ma qualcosa riesco a coglierlo pure io ed a esplicitarlo in una recensione sghemba.
I Coen sono di origine ebraica. Un particolare apparentemente banale, ma non di poco conto in realtà se si considera il fatto che chi non abbia dimestichezza (anche solo cinematografica, pensate ad Allen) con l'espressione di una certa cultura e con uno humor pacato e raffinato, potrebbe sottovalutare notevolmente un prodotto che, nonostante i miei succitati problemi di prima visione, potrei definire uno dei loro film più belli.
A differenza di altri lavori, A serius Man ci suggerisce molto sul modo di interpretare il mondo dei due fratelli di Minneapolis: direi che è senza ombra di dubbio il loro film più intimista. Sul piatto c'è la contrapposizione tra la sconvolgente casualità ed imperscrutabilità degli eventi e la rassicurante quotidianità coadiuvata dal sicuro rifugio della spiritualità. Uno scontro epico, titanico che investe in pieno un insignificante professore di matematica attorniato da personaggi grotteschi e caricaturali, ciascuno dei quali pur esistendo in virtù di uno ed un solo preciso aspetto tipicamente (e miseramente) umano che rappresenta, è fortemente caratterizzato.
Gli eventi che precipitano in un'atmosfera sempre più noir, i maldestri tentativi di razionalizzazione del protagonista (i più reali dei quali sono forse paradossalmente quelli suggeritigli dal suo subconscio in sogno), le atmosfere concettualmente e delicatamente psichedeliche (magistrale a supporto la scelta musicale: Jefferson Airplane, Jimi Hendrix...) distruggono completamente la certezza ebraica che tutto abbia un senso.
Nella cultura ebraica il senso del tutto viene mutuato dalle storie ("Siamo ebrei, quando le cose vanno male abbiamo il pozzo della tradizione da cui attingere", dirà un personaggio ad un certo punto) ma qui le storie non dicono nulla, o meglio dicono semplicemente che è inutile cercare la verità. La matematica diviene inutile (la ricerca della comprensione delle variabili anzi porta a seri problemi di natura sociale, vedi il fratello del protagonista), i rapporti umani divengono inutili (esileranti i siparietti dico-non dico del collega professore), la religione diviene inutile ("Fai il bravo" è il tanto spiazzante quanto atteso consiglio del vecchio e saggio rabbino), l'amore diviene inutile (perchè non esiste, al limite c'è il sesso): rimane solo il fluire incessante della vita con la morte che ne è parte fondamentale.
Il tutto però raccontato alla Coen, con nonsense e poesia: la morte è presente in tutto il film ma non si vedrà mai un personaggio morire, ed anche chi muore in realtà non scompare di scena, ma continua ad interagire con i personaggi (dal dybbuk, anima posseduta, delle prime scene in yiddish all'inquietante personaggio interpretato da Fred Melamed) comunque in modo bizzarro, perchè neppure la morte dà una risposta ad un equazione in cui la variabile principale è la variabile umana.
A questo punto perchè chiedersi quanto Rossella possa aver goduto del film (è distribuito dalla medusa) o perchè i biglietti costano 7 euro e cinquanta, rendendo di fatto impossibile per una famiglia normale di 4 persone una frequentazione abituale delle sale cinematografiche?
Non c'è risposta, o meglio è inutile. Come le mie ultime considerazioni.

 

Commenti   

 
Musa
0 # evvaiMusa 2009-12-10 19:52
bella lì!
Rispondi
 
 
fabi
0 # mi e` mancato il fiatofabi 2009-12-10 12:26
le poltrone saranno pure scomode... ma il cinema ha un fascino indescrivibile.
quando dopo 1 anno ho rivisto un film proiettato sullo schermone... mi e` mancato il fiato.
...e i Coen sono dei fighi!
Rispondi