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Le rose del deserto

Scritto da: D.D.

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Ita 2006

Nel 1940 un’unità sanitaria è sul fronte libico credendo di essere impegnata in una breve missione umanitaria; invece il soggiorno si tramuterà in vera guerra attiva.

Ultima fatica del maestro Monicelli, che nonostante i 90 anni ha girato un film sotto i 40 gradi del deserto tunisino. Tratto dal buon romanzo dell’altrettanto buon narratore Mario Tobino Il deserto della Libia (già portato sul grande schermo da Risi) appartenente alla famosa e prestigiosa collana enaudiana IGettoni curata da Vittorini e dal brano Il soldato Sanna tratto dall’opera di Giancarlo Fusco Guerra d’Albania. Buon film, non banale, sottovalutato a torto sia dalla critica che dal pubblico, viste le scarse entrate al botteghino, con soggetto e sceneggiatura ad opera del regista e di Bencivenni e Saverini.

Con la sua consueta ironia Monicelli critica il fascismo e la sua epopea con ridicole mire di grandezza ma in realtà provinciale. Il film è allegro nel suo complesso anche se non mancano momenti malinconici e drammatici, e anche se è tutt’altro che perfetto ce ne vorrebbero di più per farci dimenticare le troppe pellicole pattumiera da blockbuster che i produttori ci propinano nelle grandi sale cinematografiche ultramoderne. Il Maestro si dimostra ancora bravo, come pochi altri, a tratteggiare i diversi caratteri dell’italianità. Inevitabile fare un paragone con il capolavoro del regista La Grande Guerra; entrambe le pellicole sono ambientate durante una guerra mondiale e i protagonisti sono soldati, ma la prima e immediata differenza che salta agli occhi è data dalle interpretazioni degli attori: inarrivabili quelle del 1959. Comunque il cineasta riesce, grazie alla sua luminosa esperienza e maestria, a creare un discreto gruppo di caratteristi che accompagnano degnamente i protagonisti che risultano bravi (Alessandro Haber e Michele Placido nei panni del padre domenicano con marcato accento pugliese). Cameo speciale del simpatico e bravo critico cinematografico Tatti Sanguinetti nel ruolo del folle e inetto generale fascista “Rombo”.