Recensioni

Il nastro bianco

Scritto da: D.D.

Questo utente ha pubblicato 302 articoli.

Austria/Fra/Ger 2009

In un villaggio tedesco protestante alla vigilia della Prima Guerra Mondiale succedono piccoli e grandi crimini che, nonostante gli sforzi, non trovano colpevoli.

Film di Michael Hanake, con la sceneggiatura di Claude Carriere e dello stesso regista, vincitore meritato del Festival di Cannes. Il regista austriaco in questo buonissimo film ci fa capire quanto sia fondamentale una sensata educazione per i bambini, i quali chiaramente la subiscono dagli adulti. Infatti qui troviamo una società malata di cui fanno le spese i più deboli e indifesi: i bambini crescono nell’ipocrisia, e il senso del possesso sembra essere l’unico valore esistente e trasmesso loro. Il regista dichiara che vuole ricostruire “un sistema di educazione dal quale è emersa la generazione nazista”: infatti i protagonisti passivi del villaggio, i bambini, da grandi non potranno che diventare dei fanatici del Fuhrer. Il nastro bianco del titolo è l’emblema della purezza a cui tendere ma verso cui chiaramente non si riuscirà a giungere se non solo sulla carta, appuntandolo cioè al braccio dei bambini (marchio che ricorda il distintivo d’infamia per le persone ebree).

Hanake fa un’analisi lucida dei personaggi ; le tre guide del villaggio, il medico, il pastore e il barone spiccano su tutti i cittadini per il loro atroce abuso di potere. Fin dalle prima battute si capisce l’assurdità, e il suo ruolo completamente negativo, del pastore che si definisce “guida spirituale del villaggio” . Azzeccate la ricostruzione e l’ambientazione che il regista crea, anche grazie all’ottimo uso del bianco e nero che arricchisce di molto questa pellicola corale. Il clima che si respira in questo villaggio è freddo, ostile, dove l’odio e l’angoscia sono superiori all’amore e alla gioia di vivere. Buona la regia, stilisticamente rigorosa, con il merito di riuscire a trasmettere alla perfezione il gelo e il vuoto emotivo che respirano tutti gli abitanti. Da sottolineare anche le interpretazioni dei bravi protagonisti oltre alla voce narrante fuori campo che contribuisce alla scorrevolezza dello svolgimento filmico. Come nelle precedenti, il cineasta propone al pubblico (purtroppo non numeroso al botteghino…) una pellicola che non scende a compromessi con il cinema commerciale e spettacolare.

Il nastro bianco fa riflettere parlando di violenze più psicologiche, e quindi subdole, che fisiche. Essendo una pellicola non facile da digerire è decisamente inadatto a ogni tipo di spettatore, mentre invece è indicato per tutti coloro che non hanno bisogno di emozioni facili ed immediate e per chi volesse passare due ore e mezza avendo davanti agli occhi notevoli spunti di riflessione.