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La Carbonara

Scritto da: D.D.

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Ita 2000

Ambientato nel 1825 narra le vicende di Cecilia (Lucrezia Lante della Rovere) immersa tra cucina, carboneria, amori, esecuzioni pontificie e principi azzurri. La regia è di Magni come il soggetto e la sceneggiatura. Le belle musiche sono ad opera di Piovani.

Film brutto e scialbo di un buon regista che ha alle spalle una buona filmografia di costume, in particolar modo sulla Roma papalina. Magni ha perso il vecchio smalto, la sua irriverente incisività dei suoi bellissimi film ambientati nella Roma papalina come: In nome del popolo sovrano, Nell'anno del Signore, In nome del papa re. Rispetto ai suoi bei film del passato il livello degli attori è sceso terribilmente e di conseguenza il film ne risente: i Tognazzi, Sordi, Fabrizi, Mastroianni, Gassman, Cardinale, Vitti, Proietti sono sostituiti dai vari Amendola, Giuffini, Garinei, Lante della Rovere. Rimane solo Manfredi ma in questa mediocrità anche lui "naufraga". Riesce a salvarsi ed essere dignitoso il solo Mastandrea.

Risulta un film cafone, volgare, manca completamente di grazia; Magni, per usare un termine a lui familiare, "s'è rincojonito". Come di consuetudine nelle commedie del regista l'uso del dialetto romano imperversa, ma spesso i dialoghi scadono nella volgarità, in banalità, in frasi fatte e poco significative che non lasciano il segno. I personaggi di contorno, come i tre carbonari uccisi o i due frati "compagni di Mastandrea", sono decisamente improbabili in tutto e per tutto. Qualche battuta del Cardinale Manfredi è degna di nota e ci fa tornare alla memoria il sublime Pasquino di Nell'anno del Signore. Il finale con l'arrivo del principe azzurro a cavallo è scontato e patetico.

Insomma il film è una storietta insipida come una carbonara senza il guanciale e il pecorino...