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Le stagioni del nostro amore

Scritto da: D.D.

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Ita 1966

Vittorio è un giornalista in crisi esistenziale: a seguito della rottura con la giovane amante si rifugia nella città della sua "bell'età" per cercare di ritrovare se stesso. Diretto da Vancini che compone anche la sceneggiatura con Elio Bartolino.

Vittorio è un uomo triste, senza entusiasmi, come dichiara lui stesso, sconfitto dall'amore. All'interno del film vi è una bella critica allo sfaldamento politico e morale della sinistra: dopo il periodo duro ma eroico della resistenza partigiana i protagonisti non possono fare altro che limitarsi a vivere perchè la loro "stagione è già passata". Film ricco di flashback che spesso risultano scollegati con il resto del film, in special modo nel suo inizio. Altra nota stonata all'interno di questa dignitosissima opera è che vi è troppa commiserazione da parte dei personaggi.

E' un film smaccatamente malinconico soprattutto quando il protagonista torna nella sua nativa Mantova. Questa pellicola può ricordare la cinematografia di Bergman o di Antonioni pur mancando della loro lucidità analitica, della completezza poetica delle immagini; anche i dialoghi non sono illuminati e illuminanti. Da notare la bella scena del bar-osteria affollato da uomini, bicchieri di vino, canti e ricordi. Decisamente appagante la visione della bellissima Anouk Aimée, già interprete del capolavoro felliniano 8 ½. Pregevole l'interpretazione di Enrico Maria Salerno come del resto quella di Volontè e Moschin. La nota più positiva del film sono, oltre agli attori, i ricordi del periodo di guerra e di lotta partigiana. Bella la fotografia, soprattutto negli scorci mantovani, di Dario Di Palma.

Buono il bianconero molto chiaro in contrasto con alcune scene molto scure. Film degno di nota con il pregio, non da poco per i molti (troppi!!) film commerciali contemporanei, di voler dire qualcosa, e il regista vi riesce in maniera pacata, quasi silenziosa.