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L’uomo che verrà

Scritto da: D.D.

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Ita 2009

Nell’inverno del 1943 una bambina, Martina, di 8 anni, che non parla più dopo la morte del fratellino avvenuta mentre lo aveva in grembo, vive con la famiglia allargata e di contadini alle pendici del Monte Sole vicino Bologna. Tra il 28 e 29 settembre sarà testimone della strage dei nazisti di Marzabotto.

Film diretto da Giorgio Diritti, tornato alla regia dopo il meritato successo per Il vento fa il suo giro, che partecipa anche alla sceneggiatura e alla fotografia di questa pellicola. Film corale nel quale il regista, partendo da un fatto reale (la terribile strage di Marzabotto), inventa la storia che ne fa da cornice, e lo fa attraverso gli occhi di una bambina. Il film, nonostante si basi su fatti storici, non vuole fare storia né facili revisionismi: vuole solo essere una condanna alle inutili barbarie, sia fisiche che psicologiche, contro i più deboli e i “senza colpa” (fu soprattutto un eccidio di donne, bambini e anziani perché i paesi colpiti da questi rastrellamenti non erano abitati da uomini adulti, tutti o al fronte o arruolati con le truppe partigiane o imboscati).

Da apprezzare la bella e toccante sequenza durante la quale Martina osserva di nascosto, e ne resterà scioccata, due partigiani mentre compiono una vera e propria esecuzione ai danni di una SS. La parte più riuscita di L’uomo che verrà (il titolo evoca la speranza per il figlio che la madre di Martina porta in grembo) è la descrizione della vita contadina al tempo di guerra che è arricchita da un buono e corretto uso del dialetto. Nel suo complesso il film, che riscosse un notevole successo al Festival di Roma, risulta più che positivo, con una discreta regia lineare ma con il difetto di essere troppo piatto e, nonostante il tema trattato e le immagini drammatiche e a volte cruente, leggermente asettico e poco poetico.

Comunque l’opera è onesta e sincera e a tratti la si può trovare pure commovente ed emozionante, con il pregio di non cercare spettacolarità gratuita ma focalizzando l’attenzione sull’esistenze degli umili e indifesi protagonisti. Diritti dirige bene e riesce a rendere omogeneo un cast fatto da attori professionisti e altri presi sull’Appennino bolognese dove il film è girato e ambientato (su tutti spicca la piccola protagonista…). Da segnalare che la pellicola ricorda quelle di Olmi: l’uso del dialetto, l’ambientazione contadina, la narrazione essenziale e quasi documentaristica.