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Umberto D.

Scritto da: D.D.

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Ita 1952

Ultimo capolavoro neorealista e della coppia De Sica-Zavattini dove la quotidianità di un pensionato e del suo cagnolino, alle prese con un difficile sostentamento a causa di un assegno pensionistico troppo basso per campare dignitosamente, serve da pretesto per mostrare le difficoltà e le ingiustizie dell'Italia all'inizio degli anni '50.

Segna la fine del cinema neorealista perchè non viene più premiato al botteghino (lo spettatore medio guarda un film per distrarsi dalla propria quotidianità, vuole svagarsi, quindi non vuole vedere miserie anche sul grande schermo) e di conseguenza i produttori non hanno più voglia di investire su questi prodotti. E in più il governo, più precisamente il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Andreotti, non ha più intenzione di finanziare certi film perchè: "i panni sporchi si devono lavare in casa". Film tipicamente neorealista dove il regista utilizza pochi fotogrammi, emozionando il pubblico, per spiegare con molta umanità e poesia stati d'animo e situazioni. Come quando il vecchio Umberto ritrae la mano al momento di chiedere l'elemosina. Oppure la sequenza della servetta di Umberto D., unica consolazione del pensionato insieme al suo cane, nella cucina dell'affittacamere e la sua lotta con le formiche che salgono sul muro dell'acquaio, il suo macinare il caffè, all'alba, dopo il poco sonno sulla branda dell'anticamera. Oppure la scena del risveglio: è l'alba. Umberto non è più nella sua camera: è infatti nel corridoio, e sta parlando al telefono, sta telefonando all'ospedale. A pochi passi, Maria dorme su una branda. La voce di Umberto la sveglia rapidamente; mentre il vecchio torna nella sua stanza, la ragazza si alza stancamente, va in cucina, accende il gas, si ferma alla finestra a guardare il cortile, si avvicina al lavandino, torna presso i fornelli, compiendo pigramente e quasi meccanicamente gli iterativi gesti quotidiani. Si osserva il ventre per verificarne il gonfiore, mentre i suoi occhi si riempiono a poco a poco di lacrime e il corso del suo pensiero è inframmezzato e interrotto dalle faccende che continua a compiere: magnifica descrizione di uno stato d'animo di solitudine e di disperazione, che però non si ripiega su se stessa, che è coraggio e volontà di non fuggire dalla vita ma di affrontarla e di vincerla.