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Io sono con te

Scritto da: Vanoli

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 Il nuovo film (2010) di Guido Chiesa, imperniato su un argomento poco convenzionale come la maternità di Maria, ha suscitato in me più di qualche legittima curiosità.

Questo perché avevo sempre apprezzato (e non poco) i precedenti lavori del regista, specie quelli a carattere più strettamente socio-politico: i riuscitissimi documentari “Materiale Resistente” e quello inerente al G8 di Genova.

Però, lungi dal diffidare da quella che poteva apparire di primo acchito come una brusca sterzata verso tematiche completamente differenti, ho preferito ancora una volta riporre fiducia in lui, pensando che per una volta non avrei assistito ad un film necessariamente agiografico ma a una rilettura molto personale, umana.

Ed è proprio  questo aspetto che mi ha colpito maggiormente una volta terminata la visione della pellicola: la componente umana, la ricchezza interiore di Maria, la sua determinazione nel crescere il Piccolo Gesù, secondo principi semplici ma assolutamente condivisibili.

E poi l’aspetto meno conosciuto di una donna della quale si è scritto da millenni, e cioè il suo coraggio, il suo ribellarsi (non nel modo “esplicito” dei ribelli contro Erode, ma bensì combattendo antichi concetti non con la forza ma con la calma) e il sorriso che ci accompagna per tutto il film e in tutte le fasi della sua crescita.

Gesù, lontano da una dimensione fortemente soprannaturale, è un bambino come gli altri ma diverso da tutti loro, essendo di natura simile a sua madre, curioso di capire ciò che sta dietro a realtà consolidate e mai prima messe in discussione. Gode della fiducia della madre, che agli occhi degli altri appare quasi incurante della sua salute e dei pericoli che possono attanagliarlo; invece Maria sin da subito gli accolla una grande responsabilità, confidando in lui, constatando giorno per giorno quanto di infinitamente buono stia crescendo dentro di lui. Anche Giuseppe concorda con questo modus vivendi e non ostacola la giovane moglie, nonostante le ristrette regole della sua epoca e l’ostilità nemmeno troppo velata del fratello Mardocheo.

La scenografia è stupenda e rende credibile la storia, pur non essendo girata nei luoghi santi per la maggior parte delle scene. Compare anche il bravo attore nostrano Fabrizio Gifuni, uno dei primi a valutare le reali potenzialità di Gesù Bambino, non come capace di prodigi matematici ma unico nella sua specificità proprio per il modo in cui recepisce e fa proprio l’esempio della madre.

Un film assolutamente da vedere che non rinnega le dottrine teologiche, anzi traspare un rispetto tangibile da parte del regista, quasi si fosse convertito dopo un passato da non credente.

Ma che prima di tutto ci vuole istruire sul tema della maternità e sulla forza di una Donna, che andando talvolta contro i precetti dell’epoca, è riuscita a segnarne una nuova per sempre.