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Una piccola impresa meridionale

Scritto da: Vanoli

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L’attesa seconda prova registica del poliedrico Rocco Papaleo, reduce dal buon successo di pubblico e critica del precedente “Basilicata coast to coast” è stata ampiamente ripagata.

Tornato in scena con “Una piccola impresa meridionale”, l’attore lucano mette in luce le peculiarità che avevano reso il suo esordio un piccolo gioiello.

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Senza addentrarci nella trama – il film è appena uscito e vorrei evitare degli “spoiler” qualora qualcuno dei miei lettori avesse intenzione di vederlo – mi basta scrivere che si tratta di un film dai toni esistenziali, fatto di sguardi, riflessioni, maestosi paesaggi. Un film che racchiude tante microstorie, di personaggi loro malgrado respinti, finanche “sbandati”, abbandonati o costretti alla fuga, una fuga interiore, per scappare dall’ipocrisia della gente maligna.

Un film che è un inno all’unione, un’unione di intenti nel momento di maggior difficoltà, che contribuisce ad abbattere le solida mura che i personaggi si erano “costruiti” a mo’ di autodifesa. La forza che scaturisce dall’ingegno, dalla condivisione.

Un bel film, che tuttavia, a differenza del primo, più a fuoco, carbura lentamente, man mano che si inseriscono nella trama alcuni risvolti, fra tutti l’arrivo, certamente non in pompa magna della “piccola impresa meridionale”. composta da un tuttofare (murature, manutentore, imbianchino), il suo socio ex circense e la piccola figlia del titolare della ditta.

Cast riuscitissimo, con un intenso Scamarcio, qui pure alle prese come cantante, una riconfermata Claudia Potenza, magnetica come al solito, una Sarah Felberbaum bravissima anche nella dizione – deve interpretare una rumena – e una Bobulova mai così procace.  Su tutti però, a mio avviso, spicca Giuliana Lojodice, nei panni della madre di Papaleo. L’attrice barese settantatreenne mancava da più di dieci anni dal grande schermo (è stata più attiva a teatro e in tv, pur avendo esordito addirittura nel 1960, diretta da Fellini ne “La Dolce Vita”) è assai efficace nel ruolo prestatole dal regista, e conquista con la sua metamorfosi avvenuta verso metà film.

Ultime annotazioni riguardano un’accurata colonna sonora, che conferma l’inclinazione jazz del regista e lo splendido scenario costituito dall’ambientazione: l’intero film è girato in Sardegna, precisamente in provincia di Oristano, nonostante non se ne faccia cenno nel corso della vicenda e gli sfondi, le scene, i paesaggi lasciano letteralmente senza fiato.