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Toro scatenato

Scritto da: Dj LT

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toro scatenato(1980), di Martin Scorsese


Ogni film aiuta a capire lo stile e le idee di un regista. Pochi invece hanno saputo rappresentarne anche la personalità o un momento preciso della sua vita; Toro scatenato appartiene alla seconda categoria. Facciamo un passo indietro fino al 1978: Martin Scorsese, reduce da una depressione dovuta al secondo divorzio e all'insuccesso di New York, New York, è ricoverato in ospedale per un'emorragia interna dovuta alla sua dipendenza da cocaina; va a trovarlo l'amico De Niro, che gli propone un progetto già presentatogli nel '74, ai tempi di Alice non abita più qui. Si tratta dell'autobiografia di Jake LaMotta, campione dei pesi medi negli anni Quaranta. Pur non gradendo i film sportivi, Scorsese accetta. La sceneggiatura viene scritta da Mardik Marten, modificata da Paul Schrader (già sceneggiatore di Taxi Driver) e rivista in cinque settimane da De Niro e Scorsese. Quest'ultimo si è disintossicato, ma è convinto che Toro scatenato sarà il suo ultimo film. Pertanto ci si butta a capofitto, impiegando ben due anni per girarlo. Alla sua uscita riceve critiche generalmente positive, ma non ottiene il successo sperato al botteghino a causa della mancata pubblicità da parte della United Artists (impegnata a risollevarsi dal flop de I cancelli del cielo). Anche agli Oscar non va come previsto: delle otto nomination solo due vanno a segno (miglior attore a De Niro e miglior montaggio a Thelma Schoonmaker). Oggi è passato dal livello di cult a quello di capolavoro. Il perché si capisce. Non è un film sul pugilato "alla Rocky", qui la cinepresa diventa un altro attore, inserita tra i due contendenti in un'atmosfera spettrale e soffocante ottenuta con la fotografia in bianco e nero di Michael Chapman. Film violento in ogni senso, forse per questo non è subito piaciuto. È la rappresentazione di un uomo insopportabile che dà sfogo ai suoi istinti animali sia sul ring che in privato e che pian piano perde tutto. La citazione finale di San Giovanni gli lascia però ancora una possibilità. Come accadde a Scorsese, visto che quello che doveva essere il suo testamento artistico gli aprì la strada verso la maturità degli anni Ottanta. Sarà pure lontano dal livello di Quei bravi ragazzi, ma ha dalla sua il fattore autobiografico: Scorsese non assolve LaMotta, ma nemmeno lo condanna perché riconosce in lui un po' di sé stesso. Quel che gli preme è rendere il pubblico partecipe della sua vita privata e di sentirsi colpito da ogni singolo pugno (il merito va qui al montaggio ineccepibile anche nei suoni). E che dire del cast, con un De Niro prima muscoloso e poi ingrassato di trenta chili accompagnato da Cathy Moriarty e Joe Pesci, entrambi nominati all'Oscar? Sono loro la carta vincente. Dedicato ad Haig Manoogian, maestro di Scorsese che produsse il suo primo film. E non a caso, visto che quest'opera segna la sua "resurrezione". Credeteci, anche un film può salvare una vita.


Voto: 8/10