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National Lampoon’s Animal House

Scritto da: Dj LT

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animal houseUSA, 1978, di John Landis

 

Per capire il successo di Animal House bisogna osservarne la genesi. Nelle (ribelli) intenzioni del compianto Harold Ramis doveva essere un concentrato di sesso, droga & rock and roll molto spinto. Poi, con l’apporto di Douglas Kenney, co-fondatore della rivista umoristica National Lampoon, e di Chris Miller, scrittore di racconti sempre per la sopracitata rivista, la sceneggiatura si arricchì di una trama migliore e di una comicità sempre demenziale (uno dei produttori era Ivan Reitman) ma più “elaborata”. La regia venne infine affidata a John Landis, che fino ad allora aveva diretto soltanto Schlock e Ridere per ridere (scritto dal trio Zucker-Abrahams-Zucker, gli autori de Una pallottola spuntata) e non era molto famoso; inoltre, a parte Belushi e Sutherland il cast era composto da attori praticamente all’esordio. Avrebbe potuto benissimo quindi restare una commedia anonima girata da sconosciuti con l’appoggio di National Lampoon e fine della storia. E invece fu un successo enorme, senza il quale probabilmente Landis non avrebbe mai girato The Blues Brothers. La tematica non è nuova, erano già usciti film simili (vedi American Graffiti, sempre ambientato nel ’62). Animal House fu però il primo a far entrare la goliardia e la demenzialità nei serissimi college americani prendendone in giro la struttura al di là delle vicende vissute dai protagonisti, dando il via ad un fortunato filone che pian piano degenererò fino a riprendere vigore con la saga di American Pie e che non riuscì mai a ripetere questo successo. Tra toga party e battute geniali, tra attori simpatici soltanto a guardarli e una memorabile colonna sonora con partiture originali di Elmer Bernstein e grandi successi come Shout e Louie, Louie, Animal House resta un pilastro del cinema comico e un mito senza tempo, una gemma nella filmografia di tutti coloro che vi hanno preso parte e una visione imperdibile per i fan di Belushi. Le esilaranti gag sono sfidano benissimo il tempo e risultano ancora oggi più divertenti che mai grazie alla regia in stile cartoon, alla fotografia  autunnale di  Charles Correll e al montaggio di George Folsey, Jr. Pure la “morale”, se esistesse, sarebbe giusta e condivisibile. I Delta non sono semplicemente sfaticati, beoni e deficienti, sono ragazzi che desiderano divertirsi il più possibile prima di diventare adulti e responsabili e che diventano oppressi dal sistema rigido e severo del college, che simboleggia quello dell’intera società di allora. L’intera pellicola diventa dunque un inno a ribellarsi alla prepotenza e ai soprusi e a restare allegri e mattacchioni nelle avversità; in particolar modo è l’epilogo a suggerire come non si debba essere colti per essere buoni. In parole povere, ridi e lascia vivere!

Voto: 9/10