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Django Unchained

Scritto da: Dj LT

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django unchainedUSA, 2012, di Quentin Tarantino

 

Dopo una lunga attesa di quattro anni, Quentin Tarantino torna al cinema con Django Unchained, ipercitazionista fin dal titolo, che richiama il film del 1963 di Bruno Corbucci con Franco Nero. La trama però ricalca la tetralogia wagneriana L’anello del Nibelungo, pure citata nel film: uno schiavo di colore viene liberato da un cacciatore di taglie tedesco che lo aiuterà a ritrovare e liberare la moglie prigioniera di un perfido proprietario terriero. Fin qui non ci sarebbe nulla di straordinario, ma quando ci si accorge di essere rimasti incollati allo schermo per ben due ore e tre quarti si capisce come Tarantino sia riuscito ancora una volta a centrare il bersaglio. Inizialmente avrebbe potuto stupire questa sua scelta di “usare” il tema della tratta degli schiavi come un’avventura nel Far West ricca di sangue e sparatorie, scelta che peraltro ha nuovamente scatenato l’indignazione di Spike Lee. Ma in realtà la decisione di rendere uno schiavo afroamericano il protagonista assoluto ed accostarne le vicende a quelle dell’eroe Sigfrido serviva soltanto a rendere più epico il racconto. Il vero obiettivo del regista era andare al di là del semplice omaggio e di costruire un solido spaghetti western, genere di cui è da sempre fan sfegatato. E se A prova di morte era risultato deludente e Bastardi senza gloria un grandioso ritorno, Django Unchained si azzarda pure ad alzare la posta in gioco: il rosso acceso del sangue è difatti il colore dominante in una crudezza di fortissimo impatto visivo che rende la pellicola la più violenta nella carriera di Tarantino (forse solo Kill Bill arriva a tanto). In più la cura maniacale di ogni dettaglio e l’enorme produzione fan sì che la fotografia, il montaggio, i costumi e le scenografie risultino impeccabili. Si vede quanto Tarantino non voglia soltanto osare sempre di più, ma anche migliorarsi utilizzando i punti vincenti dei film precedenti senza rinunciare al suo caratteristico e inconfondibile stile. Ecco quindi che ritroviamo primi piani ravvicinati, battute taglienti, dialoghi surreali e personaggi ben caratterizzati accanto a formidabili novità: non solo più violenza e durata più lunga, ma anche più tecnicismi, più costumi, più dramma nella storia, una colonna sonora che mischia audacemente Morricone a Tupac e un sound design meraviglioso (il botto dei fucili e delle pistole è forse più realistico di quello di qualsiasi arma da fuoco apparsa in ogni opera tarantiniana). Infine un cast di prima scelta incorona felicemente questo progetto: Jamie Foxx è strepitoso nella sua aria da implacabile, Christoph Waltz si riconferma il carismatico attore che avevamo conosciuto in Bastardi senza gloria con il nome di Hans Landa e DiCaprio si trova perfettamente a suo agio nel ruolo del cattivo e si diverte come un matto a recitarlo. Ruoli minori per Don Johnson e Samuel L. Jackson, ma sono presenti anche James Remar, Walton Goggins, Jonah Hill e Zoë Bell. Certo, alcuni difetti ci sono e non si possono nascondere. Per esempio la narrazione cala di tono nella seconda parte proprio quando scompare il personaggio di Waltz e non approfondisce molto quello della moglie di Django (Kerry Washington), che rischia di apparire passivo; tuttavia riesce a riscattarsi (per quanto in modo “frettoloso”) in una grandiosa scena finale con citazione-dedica a Sergio Leone, che di questo film è l’ispiratore principale. Tutto sommato è quello che ci si aspettava: non un capolavoro alla Pulp Fiction, ovviamente, ma un gran bel film, ricco di pregi, sapientemente girato e brillantemente scritto, che sa intrattenere senza annoiare e che mette in gioco temi importanti senza esagerare, cadere nella retorica o prendersi sul serio. 5 nomination ai Premi Oscar 2013 con la doppia vittoria di Waltz e Tarantino nelle stesse categorie in cui avevano già trionfato in passato (la logica dell’Academy non si smentisce mai…); il brano scritto apposta per il film da Ennio Morricone ed Elisa, Ancora qui, non fu nemmeno nominato. Divertente cameo di Franco Nero.

Voto: 8/10