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Caro Diario

Scritto da: Alberto Calorosi

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ufj forza fagiolo

Caro diarioIeri sera prima di andare a letto mi sono guardato la versione integrale del videomessaggio del principale statista italiano. Poi ho preso il computer e ho raggiunto Sara di sopra gridando “Forza Italia, forza Italia, forza Italia!”
Sara voleva rivedere Caro diario di Moretti. Io detesto Moretti, ma ho pensato, vista la situazione, di accontentarla.
Nel primo episodio il protagonista gira in vespa per Roma. A un certo punto attraversa un quartiere residenziale degli anni sessanta e si domanda per quale ragione i romani trent’anni addietro siano andati a vivere proprio in quel quartiere. Allora scende dalla vespa e pone la questione a un passante. Il passante raccoglie dal sedile dell’auto una videocassetta e chiude la portiera. Non risponde alla domanda. E’ di schiena, ma lo spettatore non fatica a intuire la perplessità sul suo volto. Il passante, poverino, non può capire la domanda del Moretti protagonista. Il passante vuole solo andarsene da lì, vuole attraversare la strada, entrare nella sua misera casa e intrattenere la sua misera esistenza con un misero film in videocassetta.
Questo tema del protagonista preso da un qualsivoglia ragionamento che e un certo punto sente la necessità di un riscontro nel mondo esterno ricorre in molti film di Moretti. Bianca, Palombella rossa, Aprile. Io credo che Moretti, l’autore, sia afflitto dallo stesso problema del suo protagonista. Moretti fa un film su Moretti che deve fare un film. Moretti crede che il suo pensiero, a prescindere dai contenuti, sia arte, a prescindere dalla forma. Moretti fa un ragionamento e poi sente il bisogno di scendere dalla vespa e fare un film. Lo spettatore è di schiena anche lui. Naturalmente, Possiamo percepire la perplessità sul suo volto, poverino, incapace di cogliere la genialità del pensiero di Moretti. Moretti l’autore. Il misero spettatore non apprezzerà il film. Il misero spettatore vuole solo essere lasciato in pace, attraversare la strada e intrattenere il resto della sua misera vita guardando altri miseri film di cassetta, film come Henry pioggia di sangue, per esempio.
Il disprezzo per lo spettatore emerge in numerosi altri momenti del film. Per esempio quando Moretti, il protagonista, dice allo spettatore che vorrebbe fare un film soltanto di case, e poi per alcuni minuti Moretti, l’autore, inquadra delle case romane, in modo da fagli capire meglio il concetto. O nella lunghissima scena iniziale in cui Moretti, l’autore, riprende Moretti, il protagonista che gira in vespa e pensa delle cose su Roma. Quando ho visto quella scena io ho pensato “Ecco Moretti che gira per Roma in motorino in un giorno di sole” e poi ho pensato che due settimane fa ho fatto un giro per Roma in motorino con Sara in un giorno di sole. La straripante esigenza didattica di Moretti, l’autore, nei confronti del misero spettatore pervade anche nelle scene più riuscite del film, come per esempio quella delle telefonate degli adulti ai figli unici di Lipari (o era Stromboli?), o quella in cui l’amico di Moretti corre all’impazzata giù dalla mulattiera verso il traghetto in preda a una crisi d’astinenza televisiva gridando, pardon, spiegando a voce alta, le ragioni del suo folle gesto. Ma non era sufficiente la missiva pro-telenovelas al Santo Padre? La recitazione allucinata del palinsesto televisivo? Non bastava che l’uomo corresse giù gridando semplicemente “Aaaaaaaaaaaa!”?
Nell’ultimo episodio, intitolato “Medici”, la supponenza e il narcisismo di Moretti, l’autore, diventano involontariamente ridicoli. Perlomeno credo che sia involontariamente. Nell’episodio in questione Moretti, il protagonista, dopo aver consultato numerosi dermatologi per via di un prurito insistente, scopre di avere una strana forma di tumore. La pedanteria quasi ossessiva con cui Moretti, l’autore, mette alla berlina questi professoroni “capaci di parlare ma non di ascoltare” (le lunghe inquadrature sulle ricette, le visite mediche ripetute all’infinito) non tiene conto di un dettaglio. Nella seconda scena, quella che apre il flashback, Moretti, il protagonista, decide di autodiagnosticarsi un problema dermatologico e si reca di sua iniziativa nel miglior centro dermatologico di Roma. Poi in un altro, poi in un altro ancora. La domanda che mi pongo è: come può un dermatologo diagnosticare un tumore al polmone? Forse Moretti, il protagonista, avrebbe fatto meglio ad andare dal medico generico, o in ospedale. Coinvolgere in un qualche modo specialisti differenti. Moretti, l’autore, poteva sicuramente giungere alle medesime conclusioni, ma il tessuto narrativo del film ne avrebbe guadagnato qualcosa. Ma in fin dei conti, perché stare lì a perdere tempo a limare simili quisquilie? Dopotutto per lasciare a bocca aperta il misero spettatore ci vuole ben altro che un po’ di coerenza, no?
Al termine del film ho messo via il computer e ho pensato a ruota libera alle cose che più o meno ho cercato di scrivere qui sopra. Poi ho pensato al videomessaggio dello statista e mi sono addormentato pensando “Forza fagiolo, forza fagiolo, forza fagiolo!”

La foto sopra è uno scatto di Sara nel quartire Garbatella di Roma