Ajuna - Death In The Shape Of Winter
(Self, 2012)
Voto: 60
Anche se questo 12” contiene due sole canzoni, devo ammettere di essermi piuttosto divertito nell’ascoltarlo. Ajuna, nome intrigante, la cui etimologia riconduce al latino “aiunare” ossia astenersi dal cibo, è una band che proviene da Copenaghen. Non ho idea se il quintetto guidato dal buon Anders Holm Andersen, si sia rifatto a questa parola o piuttosto a qualche vocabolo di origine nordica, fatto sta che “Death In The Shape Of Winter” ha da offrire un post black corrosivo, in taluni frangenti anche atmosferico, ma non pretendetene troppo. L’inizio di "Death" è pauroso: chitarre dall’accordatura ribassata, ritmi lenti e cadenzati, vocals gutturali e profonde, un ronzio che si nasconde dietro la ritmica, mentre lentamente il ritmo sembra andare in crescendo fino all’esplosione di suoni primordiali, che portano alla creazione del caos, per rientrare ben presto nei ranghi. Sette minuti cosi rischiano di risultare piuttosto noiosi, ma l’effetto disturbante di quel ronzio, sembra aver alterato leggermente i miei sensi, facendomi comunque apprezzare la proposta. “Winter” è più spinta in termini di velocità e cattiveria, con una batteria che si mostra serrata nei suoi bombardamenti a tappeto e dove le chitarre che si confermano estremamente taglienti, soprattutto quando vanno a raddoppiare i loro sforzi. I quattro minuti della seconda song volano via veloci e in men che non si dica, mi ritrovo qui con la recensione già ultimata e un po’ di amaro in bocca, per non averne avuto di più. Va beh, auspico che il five-piece di Copenaghen si possa rifare al più presto…