Heartbreaks - Funtimes

Postato in Yasta la Vista

Scritto da: Ricky

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Heartbreaks FuntimesNusic Sounds, 2012

Voto: 8/10

 

 

GENERE: indie-pop.

PROTAGONISTI: Matthew Whitehouse (voce, chitarra ritmica), Joseph Kondras (batteria), Ryan Wallace (chitarra solista), Chris 'Deaks' Deakin (basso).

SEGNI PARTICOLARI: attivi dal 2009 e provenienti da Morecambe (cosa non di poco conto, visto che nel disco profumi e colori di casa vengono spesso descritti, richiamati e omaggiati), gli Heartbreaks arrivano finalmente al primo LP dopo averci deliziato con 4 singoli preparatori (usciti in 7” con edizione limitata), tutti presenti sul disco, seppur in una nuova versione. In questi anni si sono distinti suonando di supporto a gruppi o solisti decisamente quotati in UK, citiamo solo un paio di nomi, fra i tanti, a titolo d’esempio: Hurts (assieme a loro hanno suonato anche in Italia) e il buon Morrissey.

INGREDIENTI: ah, quanto fa male avere il cuore spezzato. Forse la cosa migliore è parlarne, raccontare le proprie pene e dispiaceri a qualcuno che ti vuole ascoltare, sperando poi di stare meglio. Se sei un musicista devi però anche saper musicare al meglio le tue parole, in modo da creare un tappeto sonoro ideale a quello che stai dicendo. Ecco che gli Heartbreaks, per raccontare le loro storie, plasmano, con stupefacente maturità, accattivante e coinvolgente materia guitar-pop, che racchiude al suo interno un poetico cuore Smithsiano al quale è impossibile resistere. Ma se il gruppo di Morrissey sembra essere la fonte d’ispirazione principale, non mancano echi di un pop glorioso e d’alta scuola come Aztec Camera, Orange Juice (non è un caso che Edwyn Collins graviti già da un po’ nell’orbita del gruppo e sia impegnato anche nella produzione di un brano, mentre il resto dell’album è curato da Tristan Ivemy) o, perché no, Elvis Costello, ma anche un piglio glam e un certo taglio che rimanda ai ‘60s. Eppure non ci troviamo di fronte a semplici imitatori o a qualcosa di semplicemente retrò, attenzione. L’esuberanza giovanile filtra e fortifica suoni e immaginari, rendendo più sonico il feedback delle chitarre o rutilante la batteria: gli Heartbreaks sono pienamente adatti all’anno 2012, anche se, ovvio, la lista degli eroi musicali del quartetto guarda decisamente a tempi passati.

DENSITÀ DI QUALITÀ: sarò sincero, se nel disco non fosse che almeno una metà di pezzi erano già stati fatti uscire precedentemente avrei tranquillamente dato un bel 9. La massiccia presenza di canzoni già edite, che qui vengono comunque risuonate, mi costringe ad abbassare il voto, ma la stima ovviamente rimane molto alta. Difficile trovare qualcosa che non funzioni all’interno di ‘Funtimes’: gli Heartbreaks danno l’idea di essere un diamante che deve essere ancora smussato e levigato in alcune parti, ma che fin da subito dimostra valore e lucentezza inestimabili. L’importante è che in futuro non imprigionino quella carica e quella vitalità che qui dimostrano di avere in abbondanza, assieme a una capacità melodica sopra la media. Accadesse sarebbe decisamente un grave errore. Al singolo d’esordio ‘Liar, My Dear’ spetta anche il compito di aprire le danze: il pezzo racchiude in se tutte le caratteristiche sopraelencate ed è la perfetta cartina tornasole di quello che si andrà a sentire nel corso dei successivi 35 minuti: chitarre jangly, Johnny Marr che aleggia nell’aria e un ritornello irresistibile. Se non siete stati conquistati subito ci pensa ‘Delay, Delay’ a piazzare il KO. Probabilmente uno dei singoli indie-pop più accattivanti del 2012 con quella melodia così facile e appiccicosa: un giro in giostra che si vorrebbe non finisse mai, una canzone capace di conquistare e non staccarsi più dalla testa. Da li la strada è in discesa e tutto risulta così naturale e genuino da lasciare senza fiato, sia che si guardi all’indie (il funk-pop di ‘Remorseful’), sia che si giochi anche sulla canzone furba quasi 'da classifica', ovvero ‘Polly’, che avrebbe tutte le carte in regola per diventare tormentone radiofonico. Punti esclamativi vanno anche a ‘Hand On Heart’, in cui il falsetto di Matthew Whitehouse ci porta in paradisi melodici incantevoli, al lavoro chitarristico superlativo di Ryan Wallace nel travolgente singolo ‘Jealous, Don't You Know’ e la già conosciuta ‘I Didn’t Think It Would Hurt To Think Of You’, che chiude il disco.

VELOCITÀ: sostenuta e coinvolgente: batticuore assicurato!

IL TESTO: "The rainfall in Morecambe embitters me / It fucks my hair and stings my cheeks / But you know that I am fond of you / And all the things we’re yet to do", da 'Liar, My Dear'.

LA DICHIARAZIONE: Chris Deakin a ‘Mediaessentials.co.uk’: “Ho qualche disco degli Smiths, ma io intendo Bruce Springsteen come vera influenza musicale. Sono veramente pieno di cose sue, ma ho anche ascoltato gente come gli Echo & The Bunnymen. Trovo che ci sia anche un’ influenza Soul, anche quello più scuro, che penso sia un aspetto sottovalutato del nostro gruppo.

IL SITO: 'Theheartbreaks.net'

 

Recensione co-pubblicata su indie-rock.it