Ai confini con la realta' (serie TV)
Ieri sera mi sono rituffato nell'antico mondo di "Ai confini con la realta'".
Ho alcuni episodi da finire, contenuti in un cofanetto comprato a Natale, e questa sera eravamo tutti d'accordo nel passare un'ora in tensione.
Ripropongo alcuni miei pensieri di qualche mese fa, gia' pubblicati dalla mia amica Debora, ma completati da cio' che piu' mette ansia.
Sto parlando della sigla e della voce che ancor oggi, a distanza di anni, mi mettono i brividi.
Il nome originale della serie era.....
The Twilight zone.....di Rod Serling.....
I miei ricordi legati all’infanzia e all’adolescenza hanno il colore
bianco e nero.
Sicuramente la sensazione di disagio , cosi’ marcata , non e’
dovuta al cinema e alla televisione dell’epoca , ma il bianco e nero che
contraddistingueva le mie serate e qualche pomeriggio televisivo , a
cavallo tra gli anni 60 e 70 , era in sintonia con cio’ che sentivo
dentro.
Non so perche’.
Ho bene impresse le svariate serie di filmetti
americani che “attaccavano”allo schermo i genitori di allora , e
conseguentemente noi bambini.
Particolarmente triste era per me la domenica
.
Ore 17 al cinema tutti assieme, per il western canonico.
Ore 21 la
televisione.
Maigret , i Miserabili , Il Conte di Montecristo , i
musical del Quartetto Cetra.
Tutto nero…..bianco e nero.
Non mi
permetto di dare giudizi su artisti e professionisti , ne tantomeno su
capolavori che hanno fatto la storia.
Ma a me e’ rimasto il bicolore , negli
occhi e nel cuore.
Tra le tante cose che vedevo in quel periodo c’era una
serie che mi ha sempre intrigato:
“Ai confini con la
realta’”.
Erano episodi di 25 minuti che mi mettevano i brividi , e
gia’ questo era motivo di “cattura”.
A dire il vero era per me sufficiente la
musica iniziale , ed il commento , sempre uguale , proposto da una voce suadente
ed inquietante allo stesso tempo.
Per quanto riguarda i contenuti , ricordo
bene come rimanessi di sasso davanti a certi finali inaspettati.
Per molti
anni certe scene sono sparite dalle nostre case.
Poi , come sempre accade ,
c’e’ il riflusso…basta aspettare.
Cio’ che sembra dimenticato ed obsoleto
ritorna di moda , e magari anche gli ultimi arrivati hanno la possibilita’ di
vedere come eravamo un tempo , valutando autonomamente la validita’ delle
vecchie proposte.
Gli episodi di “Ai confini con la realta’” sono andati
recentemente in vendita in edicola , pubblicizzati alla TV, e la serie intera ,
durata anni , e’ stata riproposta elegantemente in cofanetti e volumi
differenti.
Io ho voluto rivederne alcuni , pur sapendo , per esperienza ,
che difficilmente si riescono a provare gli entusiasmi di un tempo.
Spesso mi
e’ capitato di cercare film , che avevano suscitato in me entusiasmo , ma
rivedendoli , ho sempre provato un po’ di delusione.
Fortunatamente, o
purtroppo , noi cambiamo, e l’immobilita’ di alcune cose che ci circondano ci
trova impreparati.
Ho comunque trovato qualche episodio ed ho messo alla
prova i miei figli.
Anche loro sono rimasti colpiti , in un misto di angoscia
e mistero, condito da 25 minuti di sana paura.
Visti i risultati ho deciso di
comprare il cofanetto della prima serie televisiva , quella del 1959.
A quei
tempi avevo 3 anni e quindi gli episodi contenuti nel box sono per me
assolutamente sconosciuti.
A grande richiesta , le ultime 2 sere abbiamo
visto alcune puntate.
Ieri poi era l’ultimo giorno di vacanza, e non potevo
non accontentare i miei bimbi.
Tutti e 4 sul divano quindi , luci tutte
spente per ricreare l’atmosfera , e un episodio dietro all’altro, alla ricerca
dell’overdose di paura , che tanto piace a grandi e piccoli.
Al di la’ del
forte impatto emotivo, volutamente ricreato, i contenuti sono quasi sempre
irreali, come e’ giusto che sia , data la serie.
Ma alla fine del movie ci si
aspetta sempre qualcosa che spesso non e’ quello che volevamo o ci attendevamo e
allora si va alla ricerca della motivazione , della ragione di esistere , di
qualcosa che non e’ solo istinto.
Sentendomi responsabile della visione , mi
e’ venuto spontaneo giustificare i finali con frasi tipo :
“Eppure se cerchi
, trovi un significato profondo , molto attuale”.
Ma ci credo
davvero.
Ed ecco lo spunto per le mie riflessioni.
La scena si
apre in una camera da letto .
Il protagonista , un ipocondriaco poco piu’ che
40enne , in ottimo stato di salute , ma sicuro di essere malato e vicino alla
morte.
Le sue imprecazioni verso l’ignoto fanno riferimento alla brevita’
della vita di un essere umano, rispetto agli avvenimenti della storia , rispetto
agli elementi della natura.
Il suo urlo di dolore e’ afferrato da un’entita’
impalpabile , il Diavolo in persona , che gli propone il classico contratto: il
baratto dell’anima con l’immortalita’.
Scambio allettante.
Con una
clausola in piu’ , a favore dell’uomo:in qualsiasi momento si fosse stancato e
avesse sentito la necessita’ di lasciare il mondo terreno, sarebbe stato
possibile farlo , per effetto di una morte dolce e senza sofferenze.
Quanti
vantaggi!!!
Una firmetta e via , verso una vita per sempre.
Ma non e’
cosi’ facile.
Niente scalfisce la pelle dell’uomo.
Non un treno che passa
sul suo corpo.
Non una dose di veleno micidiale.
Non un autobus sul
viso.
Una noia senza fine , senza alcuna emozione.
Ma ecco il colpo di
genio.
Una passeggiata sul tetto di casa e….giu’ dal grattacielo…..da li’
sarebbe stato impossibile salvarsi e anche il Diavolo avrebbe dovuto
arrendersi.
Ma la moglie lo segue e nel tentativo di fermarlo cade…..
Ma
certo…rendersi colpevole e’ la via sicura per la sedia elettrica…..in quello
stato americano !
“Polizia? Ho ucciso mia moglie”.
Ma la giustizia non
segue il volere dell’uomo ed il giudice decreta il carcere a vita.
Che beffa
, raggiunta inaspettatamente l’immortalita’, ottenuto un traguardo che tutti
vorrebbero .…tutto inutile.
Cosa serve un immortale in prigione?
Meglio
usare la clausola di riserva e aspettare un attacco di cuore.
Ma e’ cosi’
banale questo micro racconto?
La ricerca dell’immortalita’ e
della giovinezza per sempre, e’ cosa comune e riguarda tutti, forse piu’ oggi di
un tempo.
La paura di passare a miglior vita e’ cosa palese , forse piu’ oggi
di un tempo.
L’angoscia derivante da cio’ che non conosciamo , e a cui prima
o poi dovremo arrivare , e’ palpabile, forse piu’ oggi di un tempo.
La voglia
di emozioni e la fuga dalla noia , e’ elemento che tocca molti , forse piu’ oggi
di un tempo.
La certezza di essere meglio di altri , piu’ scaltri di altri ,
capaci di gabbare il prossimo , e’ cosa usuale , forse piu’ oggi di un
tempo.
L’incapacita’ di godere di cio’ che si ha , ricercando costantemente
qualcosa in piu’ , o comunque di diverso , e’ l’emblema della nostra epoca.
E
la nostra insoddisfazione , la nostra ricerca affannosa del gradino superiore ,
zione del nostro risultato , possono trasformarsi in una gabbia , la nostra
gabbia , da cui e’ impossibile uscire , se non a carissimo prezzo.
Chissa’ se Rod Serling aveva in mente questo quando ha scritto :”La Clausola”?